Comunicato Stampa 04 settembre 2017

Come era nel programma della Provincia autonoma di Trento, domenica 3 settembre 2017 i politici e tecnici hanno effettuato la demolizione con esplosivo di una parte del diedro ora definito “pericoloso” e non più “pericolante”.
Non facendone un fatto personale, si evince che chi gestisce il potere politico e tecnico non può che scontatamente scrivere che tutto è andato bene e che meglio di cosi non sarebbe stato possibile fare.
Tutta la storia concreta di questo masso “pericoloso”, a nostro avviso ha invece evidenziato tutta l’incapacità di dialogo degli amministratori comunali e provinciali con la comunità moriana e quale sia la capacità progettuale dei suoi tecnici.
Nel comunicato della PAT delle 29 righe totali solo 3,5 parlano del risultato dell’esplosione e concludono che il vallo tomo è stato utile in quanto ha fermato alcuni grossi massi.
Come si può osservare non viene fatta alcuna considerazione che porti a sostenere la loro progettazione e confutare quella proposta dal comitato.
Fermandoci alla precisa descrizione dei soli risultati di questa esplosione, per amore di verità, si ritiene opportuno portare alla conoscenza dei cittadini di Mori che l’esplosione non ha assolutamente demolito quanto previsto e si può osservare che sono rimasti ben solidamente fissati alla roccia alcuni massi di significative dimensioni, che dimostrano la presenza di un cuore di roccia che tratteneva con buona stabilità la parte di ammasso demolito a tal punto che non hanno provveduto al loro disgaggio manuale, prima di chiudere le operazioni.
Si segnala che la rete di elevate prestazioni che bloccava il tronco centrale dell’ammasso e le funi di acciaio orizzontali che la trattenevano, sono state demolite e si sono accartocciate sul lato destro dell’ammasso. Le funi si sono staccate/tranciate e sfilandosi dalla rete sono rimaste penzolanti sul lato sinistro dello stesso. L’ammasso centrale è stato quindi sollecitato e la sua stabilità per il proseguo sicuramente più ridotta.
Al contrario di quanto dichiarato, ci limitiamo a dire che i risultati di questa prima esplosione provano che il vallo tomo si è dimostrato inutile. Dalle registrazioni della esplosione si osserva che dei pochi massi transitati oltre la strada per Mori Vecchio, la metà si sono fermati nelle fratte rimaste, mentre i pochi che hanno proseguito ( per inciso 2) sono arrivati al tomo per il solo motivo che sono state precedentemente distrutte le fratte finali per fare lo scivolo(vallo)di circa 30 m. con effetto acceleratore della loro velocità.
Non sappiamo se per assoluta smemoratezza o altro, le modalità operative delle ditte appaltatrici sembrano essersi scostate sensibilmente dai divieti imposti dalle relazioni e perizie geologiche prodotte dai tecnici ingaggiati dalla PAT. Infatti sulla base di quanto affermato dal consulente di parte Professor Ing. Barla e ribadito più volte anche dallo stesso sindaco Barozzi il masso /diedro era intoccabile in quanto classificato con coefficiente di stabilità prossimo ad 1, ossia instabile. Per un confronto corretto fra le due ipotesi progettuali, quella dei tecnici del comitato, con curriculum professionale di esperienza sicuramente non minore dei tecnici provinciali, accettando per vero quanto affermato dagli esperti di parte PAT, prevedeva l’intervento di stabilizzazione dell’ammasso con rete e funi con una qualità molto maggiore e prudenziale rispetto a quella realizzata. Alla fine dell’intervento potremo compiutamente esprimerci se la relazione era corrispondente al vero o meno.
Che tale stabilizzazione sia stata la replica esecutiva di quanto proposto dal comitato, lo ha riconosciuto lo stesso assessore Mellarini nel pubblico dibattito di presentazione dell’intervento di demolizione.
È importante ribadire che il nostro intervento demolitivo non era fatto con esplosivo ma con demolizione controllata meccanica o espansione chimicofisica, con dimensioni dei blocchi idonee per essere arrestati a valle dentro il sottostante tratto boscato, tramite un rilevato fatto con gabbie scatolari in rete altamente resistente e riempito dai detriti del pendio risagomato, che si sarebbe rinaturalizzato. Si sarebbe evitata tutta la devastazione che in parte domenica abbiamo osservato, il mantenimento di tutti gli storici terrazzamenti e la messa in sicurezza di oltre 30.000 mq di area nella quale passano molti percorsi storici per Montalbano e Nomesino.

 

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